Psicologo
e pedagogista sovietico, Vygotskij fondò, alla fine degli anni venti,
la scuola storico-culturale. Nell'ambito della psicologia dello
sviluppo, ritenne fondamentale l'interazione dell'individuo con
l'ambiente storico e culturale in cui vive. Il veicolo principale di
questa interazione è il linguaggio. Questo attraversa tre fasi:
linguaggio esteriore o realistico (parliamo ad alta voce); linguaggio
egocentrico (pensiamo ad alta voce); linguaggio interiore o artistico
(pensiamo tra noi, senza bisogno di parlare). Inizialmente indipendente
dal pensiero, secondo Vygotskij, il linguaggio si integrerebbe a questo
in un momento successivo, in un processo di reciproco influenzamento. La
prospettiva storico-culturale individua, inoltre, una differenza tra
l'uomo e l'animale nello sviluppo, nel primo, di processi psichici
superiori, dipendenti dal contesto storico-sociale in cui si cresce e
che si distinguono per la presenza della coscienza. Gli studiosi della
scuola ritenevano che occorresse individuare una procedura di ricerca
sui processi psichici coscienti, e che una probabile chiave d'accesso
potessero essere le risposte verbali.
L'acquisizione del linguaggio
condiziona fortemente lo sviluppo cognitivo e l'interazione sociale
occupa un ruolo privilegiato all'interno dello sviluppo cognitivo. Il
pensiero è mediato dal linguaggio interiore. Per Vygotskij è importante
valutare le capacità cognitive dei bambini nei termini di quella che
definisce zona prossimale di sviluppo, ovvero il risultato dell'interazione tra due tipologie di comportamenti, che individuano a loro volta il livello potenziale di sviluppo e il livello effettivo di sviluppo.
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Vygotskij, Lev Semënovič
Per
Vygotskij e i colleghi della scuola russa l'apprendimento si realizza
attraverso una continua interazione collaborativa con l'adulto
insegnante e con i compagni di classe più esperti. Per lo studioso
(1968) esiste un doppio livello di apprendimento, che inizialmente è
sociale, ponendosi in interazione con l'esterno, per poi divenire
sviluppo individuale, una volta interiorizzato.
L'approccio
di Vygotskij si discosta da quello piagetiano, secondo cui lo sviluppo
cognitivo del bambino deve attraversare diversi stadi prima che il
soggetto possa maturare e formare le proprie conoscenze.
Dagli
studi compiuti da Vygotskij emerge l'importanza del gioco nello
sviluppo mentale del bambino. Innanzitutto, tramite il gioco il bambino
entra in contatto con delle regole stabili. I giochi dei bambini in età
prescolare sono giochi di immaginazione modellati su situazioni reali,
alle quali il bambino ha assistito. Questo comporta l'attribuzione di
alcune regole di gioco per ricreare quella situazione. Tali regole, a
loro volta, renderanno la situazione immaginaria, diversa dalla realtà,
in quanto vietano o (permettono) il veriicarsi di alcune situazioni che
nella realtà sarebbero ammesse o (non ammesse). Ma ciò che è certo è che
nel gioco il bambino deve sempre agire in quel modo, laddove nella
realtà alcune regole sono dettate solo dalle circostanze: le regole
diventano stabili. Con il progredire dell'età, le regole divengono
sempre più complesse e la complessità delle regole diventa essa stessa
la fonte del diletto per chi gioca.
Altro
elemento fondamentale nel gioco del bambino è rappresentato
dall'inversione dei rapporti oggetto-significato e azione-significato:
alcuni oggetti acquistano un determinato significato solo perché viene
loro attribuito un determinato nome, così come alcune azioni che vengono
compiute solo per mimare il gesto di qualche altra azione. Nel fare
questo, il bambino si atterrà a delle caratteristiche specifiche
dell'oggetto o dell'azione in questione, compiendo un'astrazione ma con
dei riferimenti specifici.
Agendo
con modalità che sono al di sopra dell'età del bambino e con dinamiche
più complesse che nella sua vita reale, il gioco determina una zona di
sviluppo prossimale molto ampia.
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