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Storia dell'alchimista che vendette l'anima

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La Storia dell'alchimista che vendette l'anima, inserito all'interno de Il castello dei destini incrociati (1973) di Calvino, è una riflessione sulla ricerca smodata di conoscenza e potere, che può portare alla perdita dell'umanità e ala disconnessione dalla realtà, temi spesso presenti nell'opera di Calvino.

La trama segue il classico schema del patto faustiano: l'alchimista (o Faust), spinto dalla sua smodata sete di conoscenza e ricchezza, accetta di vendere l'anima al diavolo, il quale gli rivela il segreto per trasformare tutto in oro. L'alchimista si dedicherà a questa impresa, immaginando una "Metropoli Tutta Quanta di Metallo Prezioso", ma la sua ricerca lo condurrà ad una sorta di disumanizzazione, focalizzato unicamente sulla materia e sulla sua trasformazione.

 La donna che appare alla fine del racconto simboleggia l'impossibilità di una vera realizzazione o felicità per chi ha sacrificato la propria essenza spirituale e la propria umanità per un potere e una ricchezza meramente materiali. Il suo rifiuto ad entrare nella città d'oro è un elemento chiave: la sua figura eterea simboleggia la purezza, che non può essere corrotta dall'oro o dal potere materiale. Al contrario, l'alchimista ha ottenuto un potere immenso sulla materia, mentre non è riuscito a comprare o manipolare la vera vita, la felicità, e viene condannato passivamente dall'atteggiamento della ninfa, che lo condanna ad una solitudine senza fine proprio con il suo rifiuto ad entrare nella città da lui costruita.

In alcune interpretazioni più dettagliate, che fanno riferimento più esplicito al mito di Faust, la donna si rivela essere la madre del bambino dell'alchimista, rappresentando un elemento di realtà e umanità che contrasta con la sua ricerca ossessiva di ricchezza e potere.

La sua apparizione e la rivelazione del figlio simboleggiano ciò che l'alchimista ha significato o dimenticato nella sua brama di conoscenza e dominio. Potrebbe rappresentare l'amore, i legami familiari, la vita ordinaria che lui ha disprezzato in favore di un'esistenza straordinaria ma disumanizzante. La donna e il figlio, in un certo senso, portano con sé il peso delle conseguenze delle scelte dell'alchimista.

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