Ne Il castello dei destini incrociati, il bosco simboleggia un luogo di smarrimento e transizione, dove i personaggi si perdono prima di trovare rifugio nel castello e dove avvengono incontri e prove che disorientano i viandanti.
È un ambiente in cui si perde l'identità e la capacità di parlare, un luogo che precede la narrazione affidata ai tarocchi.
Il bosco come soglia e labirinto
Nell'opera, il bosco non è un semplice sfondo, ma un elemento narrativo e simbolico di fondamentale importanza. Prima dell'approdo al castello, tutti i personaggi si ritrovano a dover attraversare questo luogo denso e intricato. Esso prelude al disorientamento e alla riorganizzazione narrativa che avverrà all'interno delle mura, e simboleggia la perdita e lo smarrimento. I viandanti, smarriti e incapaci di esprimersi verbalmente a causa di un incantesimo o di un evento inspiegabile, si ritrovano in un contesto dove le coordinate spaziali e temporali sembrano dissolversi. Questa perdita non è solo geografica, ma anche identitaria, poiché nel bosco i personaggi perdono la loro voce e la loro funzione sociale predefinita.
Inoltre, esso funge da confine tra il mondo esterno e il castello, da limite tra la realtà caotica e non ancora interpretata e l'ordine potenziale (sebbene anch'esso effimero e mutevole) del castello. Il suo attraverso si pone come un rito di passaggio che prepara i personaggi a una nuova modalità di comunicazione e di esistenza all'interno del maniero.
Dato che all'interno del castello la comunicazione avviene tramite l'interpretazione dei tarocchi, il bosco, con il suo silenzio imposto e la sua confusione, prepara il terreno per una narrazione che non si basa più sul linguaggio verbale ma su segni e figure. La perdita della parola enfatizza la successiva necessità di affidarsi alle immagini e ai simboli per esprimere le proprie storie.
Sebbene Calvino non lo descriva con dettagli pittoreschi, il bosco è un ambiente primordiale, quasi archetipico, che anticipa il caos controllato delle carte. Vi avvengono incontri fortuiti. e i personaggi devono qui confrontarsi con una sorta di "prova di disorientamento" prima di essere accolti nel castello.
Il bosco come topos letterario
Il bosco è un topos estremamente versatile e ricco di significati, spesso ambivalenti.
Nella Divina Commedia il bosco trova l'esempio per eccellenza della simbologia della selva come luogo di smarrimento, prova e pericolo. La selva è un simbolo potente del peccato, dello smarrimento morale e spirituale, ed è un luogo che incute paura e disperazione, rappresentando una fase di crisi da cui è possibile uscire solo con l'aiuto di una guida (Virgilio).
Nelle fiabe tradizionali il bosco è spesso luogo dove i bambini si perdono e incontrano creature pericolose, devono affrontare prove che li portano alla crescita e alla maturazione. In questo senso, esso simboleggia il passaggio dall'innocenza all'esperienza.
Ne I Promessi Sposi Renzo si troverà a camminare in un bosco di notte, smarrito e in fuga. Anche in questo caso, troviamo un passaggio cruciale nel suo processo di maturazione, essendo il giovane costretto a confrontarsi con la solitudine e le difficoltà della vita adulta.
In contrapposizione a queste simbologie, il bosco può essere un luogo incantato e sacro, un rifugio dalla civiltà, dove si manifestano forze naturali o soprannaturali (come in Sogno di una notte di mezza estate, di Shakespeare, o nel Ciclo bretone).
Affine al topos del bosco è quello del locus amoenus della letteratura classica: l'isola di Calipso nell'Odissea, il bosco sacro nell'Edipo a Colono o le descrizioni delle Bucoliche e delle Georgiche di Virgilio sono luoghi idealizzati, piacevoli e incontaminati, ideali come rifugio dalla sofferenza e dal caos del mondo, simbolo di pace e armonia. In modo simile si esprimono Petrarca nel Canzoniere e Boccaccio nel Decameron.
All'opposto troviamo il locus horridus/terribilis delle opere gotiche e romantiche e di molti Canti di Leopardi (il senso di vuoto e desolazione contrasta spesso con le descrizioni idilliache dei luoghi amati dal poeta).
E ancora, il labirinto rappresenta un topos affine: l'archetipo è quello di Cnosso, luogo di prigionia e pericolo, così come la biblioteca labirintica del monastero di Umberto Eco ne Il nome della rosa.
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