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La fortuna della poesia giambica - I diversi 'volti' del giambo

Nella nuova fioritura del giambo in età ellenistica, esso trova impieghi assai vari, ma in ultima analisi riconducibili a quelli che l'avevano caratterizzato in precedenza e, dunque, sostanzialmente rivolti in tre direzioni: la prima è quella che ha il suo fulcro nella ἰαμβικὴ ἰδέα di cui parla Aristotele (Poetica, 1449b 8), cioè nella comune nozione del giambo come metro dell'invettiva violenta e mordace, quasi sempre contraddistinta dallo ψόγος (biasimo) e addirittura dalla λοιδορία (ingiuria) e dall'αἰσχρολογία (turpiloquio), nella più classica tradizione archilochea ed ipponattea; la seconda rappresenta quasi l'altra faccia del giambo, "più seria, pensosa, talvolta quasi austera, nella quale lo ψόγος ... si è risolto in toni didascalico-moraleggianti" (E. Degani); infine la terza, che nasce dalla natura 'colloquiale' del metro (λεκτικὸν τῶν μέτρων lo dice Aristotele in Poet. 1449a 25), ne vede l'utilizzazione in contesti drammatici, quali quelli tragico, comico e, più recentemente, anche mimetico.

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