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Contenuto - Per i lavacri di Pallade

Non esistono elementi di fatto per stabilire la data degli ultimi due inni, ma la critica tende ad ascriverli all'avanzata maturità di Callimaco, per l'affinità che presentano con l'Inno ad Apollo.
L'Inno V, scritto in metro elegiaco, nasce da uno spunto etiologico. L'immersione rituale del simulacro di Pallade nel fiume Inaco e il divieto di guardare il corpo nudo della dea offrono al poeta occasione di narrare la dolorosa storia di Tiresia, accecato per aver visto involontariamente la figlia di Zeus bagnarsi in una fonte insieme a Cariclò, sua ninfa prediletta e madre dello sventurato protagonista. Mossa a compassione dal disperato dolore della sua compagna, Pallade concede però a Tiresia il dono della profezia e quello di una vita lunga e onorata. Una delle parti più felici di questo bellissimo inno è quella in cui si descrive, con toni fiabeschi, il momento che precede il compiersi del dramma di Tiresia (vv. 70 ss.):
  • Un giorno, disciolte le fibbie dei pepli,
  • presso Ippocrene, che bella scorre sull'Elicona,
  • si bagnavano, e il monte avvolgeva meridiana quiete.
  • Si bagnavano entrambe: era l'ora del pieno meriggio
  • e quiete profonda regnava sul monte.
  • Tiresia da solo con i cani - la barba da poco le guance
  • gli ombrava - al luogo sacro volgeva i suoi passi.

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