Non altrettanta fortuna ottenne nell'età ellenistica la poesia in versi propriamente lirici: tra i maggiori il solo Callimaco sembra averle dedicato una certa attenzione. Ne restano alcuni frammenti papiracei anonimi, dove compare una notevole varietà di argomenti. Ma il settore meglio testimoniato è quello dell'innografia sacra, in cui appare la propensione ellenistica a fondere il fatto cultuale e quello letterario, che diede una ben più rilevante misura artistica negli Inni di Callimaco. È anche notevole il fatto che alcuni testi greci, in genere di tradizione epigrafica o papiracea, sono corredati da notazioni musicali, e offrono così un prezioso sussidio per la nostra precaria conoscenza della musica greca. Tra i pochi autori di cui si è in grado di accertare il nome, Isillo di Epidauro intorno al 330 compose un Peana ad Apollo e Asclepio, dove nel contesto sacrale sono inseriti riferimenti morali, politici e autobiografici; Filodamo di Scarfea, più o meno nella stessa epoca, scrisse un Peana a Dioniso in uno stile alto e concitato; e Filico di Corcira, noto anche come uno dei tragici della Pleiade, è l'autore di un Inno a Demetra, liberamente ispirato all'omonimo Inno omerico e non privo di una gradevole agilità narrativa, a quanto si riconosce dai frammenti rimasti. Si può infine menzionare un singolare quanto celebre frammento papiraceo, il cd. Lamento dell'esclusa, dalla condizione che ne caratterizza la protagonista (o Fragmentum Grenfellianum da B.P. Grenfell, il filologo inglese che lo pubblicò per la prima volta nel 1896), in metro lirico. Affinità tematiche lo legano all'Incantatrice di Teocrito e, quindi, alla tradizione della poesia mimetica. Si tratta dell'invocazione che una fanciulla sedotta e abbandonata leva davanti alla porta chiusa del suo seduttore.
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