Il proemio costituisce il documento più rilevante della polemica che oppose Callimaco ai sostenitori delle forme letterarie tradizionali, soprattutto di quel «poema unico ed ininterrotto» (ἓν ἄεισμα διηνεκές, fr. 1, 3 Pf.), cui egli contrapponeva il suo «epos in breve» (ἔπος ... ἐπὶ τυτθόν, fr. 1, 5 Pf.), esemplato appunto nelle elegie che formavano la raccolta degli Aitia. All'accusa, mossagli dai Telchini, di essere poeta «di pochi versi» (ὀλιγόστιχος, fr. 1, 9 Pf.), egli ribatte sprezzantemente, ricordando che Mimnermo non è rimasto famoso per il suo poema maggiore (probabile allusione alla Smirneide), ma per le brevi elegie, e che, in ogni caso, la poesia non va misurata «con la pertica persiana» (fr. 1, 18 Pf.), cioè in base all'estensione.
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