Mentre Caritone impreziosiva il suo stile con citazioni omeriche, Senofonte trasferisce la memoria letteraria nel corpo stesso dell'azione, deducendo alcuni sviluppi della trama dalla tragedia euripidea: lo stesso spunto iniziale di Abrocomo, il quale con il proprio disprezzo suscita l'ira della divinità e si attira il suo castigo, si richiama al modello dell'Ippolito nell'omonima tragedia euripidea. In entrambi i casi, si può dedurre che il genere del romanzo sentisse l'esigenza di nobilitare i propri fini dilettevoli con un collegamento alla letteratura colta; e d'altra parte questo richiamo è di natura affatto elementare, in quanto si limita a sfruttare elementi ormai diventati luoghi comuni. In effetti Senofonte sembra rivolgersi ad un pubblico di semplici gusti: gli episodi della complicatissima trama, dove ruota anche un gran numero di personaggi minori, esauriscono il proprio interesse entro la loro stessa durata e si richiamano soltanto epidermicamente alla storia d'assieme, come in una moderna sceneggiatura d'appendice. Altrettanto alla buona è la sua lingua, che privilegia i nessi paratattici ed è caratterizzata da un tessuto linguistico piuttosto povero, al punto da ricorrere alla ripetizione quasi formulare di espressioni uguali o simili.
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