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Amor cortese e Dolce Stil Novo

Il termine "amor cortese" è stato creato dal critico francese Gaston Paris nel 1883 per esprimere il concetto dell'amore all'epoca del trobar delle corti provenzali. Esso si basa sull'assunto che solo chi ama possiede un cuore nobile.
L'amor cortese esordisce nel XII secolo nella poesia lirica provenzale e manterrà la sua fortuna a lungo, sopravvivendo nel tempo attraverso il dolce stil novo dantesco. Esso è un sentimento capace di nobilitare e affinare l'uomo e si pone come esperienza che contempla la compresenza di desiderio erotico e tensione spirituale. Questo impone che ci sia sempre una giusta distanza (mezura) tra piacere e sofferenza, ragion per cui vi ritroviamo degli elementi caratterizzanti che fanno sì che esso non si realizzi all'interno del matrimonio, giungendo addirittura ad escludere l'amore all'interno del matrimonio. Il carattere adultero di un amore al di fuori del vincolo coniugale esige il silenzio, affinché venga tutelato l'onore della donna: è questo il motivo per cui i poeti non pronunciano mai il nome della donna amata.
Altro elemento caratterizzante è la sottomissione completa dell'uomo alla volontà della donna, vista dall'amante come un essere sublime, irraggiungibile, a volte persino divino. Da questo segue un conflitto tra amore e religione, scaturito dal contrasto tra il culto per la donna e quello per Dio.
Passando per la scuola siciliana, questi temi vengono ripresi nella seconda metà del Duecento dal dolce stil novo quando, dopo la battaglia di Benevento, l'attività culturale si sposta dall'isola alla Toscana. Insieme alle tematiche, i poeti toscani ereditano anche le ricercatezze stilistiche e metriche provenzali, ma si arricchiscono delle nuove passioni derivanti dall'età comunale. Viene però a mancare loro "quel livello di aristocrazia formale a cui i Siciliani riescono generalmente a mantenersi" (A. Asor Rosa, Sintesi di storia della letteratura italiana, Firenze 1986, p. 23). L'origine dell'espressione "dolce stil novo" è da rintracciare in Dante Alighieri (Divina Commedia, Purgatorio, XXIV, 57), e indica una produzione che si distingue dalla precedente per il modo di esprimersi semplice e luminoso, libero dall'eccesso di formalismo stilistico, ad esempio, di Guittone d'Arezzo. Le rime nuove non hanno al centro soltanto la sofferenza dell'amante, ma anche le celebrazioni delle doti spirituali della donna amata. Il carattere qualitativo ed intellettuale è più elevato, e diventa regolare l'uso di metafore e simbolismi.

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