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Viaggio ed esotismo nel teatro di Euripide: Elena ed Ifigenia in Tauride

L’ultima produzione di Euripide risale al

periodo precedente la sua partenza

per la Macedonia (si collocano tutte tra il

412 e il 408 a.C.), e comprende un gruppo

di opere (Elena, Ifigenia fra i Tauri, Ione,

Fenicie, Oreste) caratterizzate dalla

tecnica drammatica del riconoscimento,

in aperta alternativa al contemporaneo

teatro sofocleo. A questa si affiancano il

ruolo ricoperto dalla Tyche, la suspance,

e il lieto fine: tutti elementi, questi, che

andranno a costituire la base della

Commedia Nuova e del Romanzo.


Elena


Nel 413 a.C. si concludeva con un disastro

la spedizione ateniese in Sicilia,

nonostante l’ineccepibile preparazione

militare, il cui comando era stato affidato

a Nicia, il più competente e pio (aveva

rinviato di un mese la partenza della

flotta per attendere auspici favorevoli)

tra i comandanti. In questo clima di

profonda sfigucia su tutti, dei compresi,

si rappresentò l'Elena, annunciata già al

pubblico negli ultimiversi dell'Elettra e

inserita in una trilogia di cui faceva parte

la perduta Andromeda.

Elena, adultera e peccatrice per

eccellenza, viene qui presentata, con

estrema audacia e disinvoltura, con i

tratti della sposa casta e fedele al marito

fino al supremo sacrificio, pur senza

spogliarla della caratteristica astuzia.

Ma l'audacia dell'opera non risiede solo

nella rivisitazione del personaggio, ma

nell'aver introdotto per la prima volta in

un'opera teatrale quelle frasi risultato

delle caratteristiche riflessioni di

Protagora e Gorgia: espressioni come

quelle ai versi 1137/1143 ("Cos'è un dio?

Cosa non è? Esiste alcunché di

intermedio? Chi fra i mortali può dire di

aver trovato, cercando, il termine

estremo, se vede le azioni divine balzare

qua e là, e di nuovo altrove, in gioco di

opposte e imprevedibili sorti") aprivano

la strada al contrasto fra il dio e la Tyche.

Infine, l'attacco ad oracoli e indovini, che

ricollega l'opera alla realtà storica (ai vv.

774/748 un messo di Menelao afferma:

"Vedo finalmente come sono falsi e

menzogneri i responsi degli indovini.

Nessuna utilità c'è nell'esaminare i

movimenti delle fiamme o le voci degli

uccelli; è da stupidi pensare che gli uccelli

si rendano utili agli uomini!": una

reazione simile avevano avuto gli

Ateniesi alla notizia del disastro in

Sicilia), va oltre le superstizioni religiose

e coinvolge la guerra in sé: "Pazzi voi che

cercate gloria in guerra fra armi e assalti,

trovando un rimedio da sciocchi alle

miserie degli uomini; la discordia non

lascerebbe mai le città, se la forza non

fosse sufficiente a decidere le questioni

(vv. 1151/1157). E la vicenda di Elena ben

si prestava a questo accorato appello

pacifista del poeta: come la guerra di

Troia, la più famosa, violenta e luttuosa

dell'antichità, era stata combattuta solo

per un fantasma, così ogni guerra è un

errore combattuto in nome di solorose e

funeste illusioni.


Ifigenia in Tauride

 

Quasi tutte le tematiche possono trovarsi

specularmente nell'Ifigenia fra i Tauri, che

la seguì (o forse precedette) di pochissimo.

Come nell'Elena, anche qui un caso

fortuito permette il ricongiungimento dei

protagonisti con i propri cari. E ancora

una volta μηχάνημα, τύχη, ἀναγνώρισις

confermano il nuovo corso del teatro di

Euripide, così come la critica agli oracoli

e la polemica antireligiosa.

 

Le due tragedie a confronto


La critica ha spesso messo in evidenza

numerosi punti di contatto, sia

scenografici che cotenutistici, tra le due

tragedie in questione, soprattuto in

relazione all'ambientazione esotica che

connota entrambe. È stato tuttavia

osservato come l'Elena si distingua per

uno spazio scenico più articolato

(nell'ambito del quale grande importanza

è riservata alla monumentale tomba di

Proteo), per la scomparsa degli elementi

orrifici, per la presenza di tratti scenici e

di elementi che hanno qualcosa di

prodigioso, contribuendo a creare

un'atmosfera di fiaba, alla quale fa da

sottofondo ideologico la concezione

secondo cui non c'è nulla di certo e non

è possibile indagare la vera natura della

divinità e delle vicende che coinvolgono

gli uomini.

Altra novità dell'Elena rispetto all'Ifigenia

in Tauride consiste nel luogo che, a

differenza della sperduta terra dei Tauri

(selvaggia e crudele, luogo primitivo di

convivenza incivile, immagine che

contribuisce a far sì che gli spettatori

elaborassero una buona opinione della

loro terra), si pone come evocatrice di

valori cultuali di tutto rispetto. In questo

luogo vengono messi in luce tratti di

civiltà e di religione peculiarmente

egiziani (nonostante prevalgano sempre

gli elementi prettamente greci), come

quelli che possiamo scorgere nella figura

di Teonoe, il cui ruolo di tramite con il

divino la mette in relazione con le "divine

adoratrici" egiziane.

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