Tra gli autori dell'Ellenismo, è quello che manifesta con maggiore coerenza e consapevolezza la propria adesione alla ricerca, attentissima e laboriosa, della perfezione formale e alla funzione privata del fatto letterario, che costituiscono due caratteri tipici dell'epoca.
Una delle caratteristiche del suo pensiero è l'esclusività della poesia ("Odio l'amato che va a destra e a manca"), l'elitarismo intellettuale e l'amore per le cose nuove ("Non bevo da una fontana qualsiasi"; "detesto tutte le cose popolari").
Altra caratteristica. la brevitas esiodea: la sua avversione nei confronti dei poemi del ciclo dimostra, però, avversione non nei confronti di OMERO ma dei suoi IMITATORI.
La stretta coesistenza di poesia e filologia, che già abbiamo visto in Pindaro e Bacchilide, è portata alle estreme conseguenze in Callimaco: qui infatti le discussioni teoriche non si trovano in un trattato a sé, ma sono inserite all'interno della stessa opera.
Aitia, I - fr. I
Aitia, III - frr. 67-75
Aitia, IV - fr. 110
Inno II - Ad Apollo
Inno V - Per i lavacri di Pallade
Una delle caratteristiche del suo pensiero è l'esclusività della poesia ("Odio l'amato che va a destra e a manca"), l'elitarismo intellettuale e l'amore per le cose nuove ("Non bevo da una fontana qualsiasi"; "detesto tutte le cose popolari").
Altra caratteristica. la brevitas esiodea: la sua avversione nei confronti dei poemi del ciclo dimostra, però, avversione non nei confronti di OMERO ma dei suoi IMITATORI.
La stretta coesistenza di poesia e filologia, che già abbiamo visto in Pindaro e Bacchilide, è portata alle estreme conseguenze in Callimaco: qui infatti le discussioni teoriche non si trovano in un trattato a sé, ma sono inserite all'interno della stessa opera.
Aitia
Raccolta
di elegie
Elegia
dal carattere diverso rispetto al genere che fiorisce in età
arcaica, in quanto C. crea un poema eziologico. Conformemente ai
punti della sua poetica (brevitas, erudizione, ricercatezza formale),
sceglie come modello Esiodo, e non Omero. Secondo il poeta, infatti,
Omero è un modello di perfezione ma non da seguire (contrariamente
al pensiero di Apollonio Rodio che a lui si ispira per le sue
Argonautiche). Tutto ciò
avrà suscitato delle critiche tra gli Alessandrini, alle quali C.
risponde nel prologo degli Aitia.
Il
modello di Esiodo risulta evidente nel frammento che in Pfeiffer
segue immediatamente il prologo, il cd. Sogno.
Qui C. sogna di essere trasportato sul monte Elicona dove incontra le
Muse: con esse intavola una conversazione, durante la quale rivolge
loro delle domande, le quali ricevono in risposta il racconto
dell'aition, cioè
l'antefatto mitico relativo alle argomentazioni richieste dal poeta.
Esiodo
è poeta della brevitas
(la Teogonia e le
Opere e i giorni sono
poco più di 1000 vss) e della veritas:
la differenza sta principalmente nel fatto che, mentre Esiodo fa
ordine in un patrimonio di tradizioni orali, C. riordina un
patrimonio di libri.
Nei
primi due libri C. intesse come cornice un dialogo con le Muse. Negli
altri due questa cornice viene meno, ma rimane il carattere
eziologico delle elegie.
In
chiusura si trova la Chioma di Berenice.
Concordano
molti studiosi nel ritenere che C. sia stato il primo editore della
sua stessa opera. Un indizio in proposito è dato da un passo del
prologo, in cui l'autore dice che a seguire si metterà "a
percorrere il pascolo pedestre delle Muse", alludendo ai Giambi
(la definizione 'pedestre' si riferisce al fatto che i giambi sono
composizioni di registro più basso rispetto alle elegie).
Fr.
1 - Prologo dei Telchini
Callimaco
difende la sua poesia dalle critiche dei malevoli e proclama le sue
scelte artistiche. Ma non si tratta solo dell'orgogliosa
proclamazione di una nuova poesia: Callimaco espone e sostiene le sue
idee in termini che lo avvicinano agli antichi teorici di poetica e
retorica ed eserciteranno un ampio influsso sui poeti latini. Il
prologo ha anche un cospicuo pregio artistico, che deriva dalle molte
e vivide metafore innestate su una fitta rete di richiami alla
precedente tradizione poetica, soprattutto a Pindaro e Aristofane, a
Esiodo ed Euripide.
Benché
in vari punti la costituzione e l'interpretazione del testo siano
ancora dubbie, il frammento si lascia dividere in due parti di uguale
ampiezza: 1-20 (La poetica dell'esilità) e 21-40 (La poetica della
raffinatezza).
L'ESAMETRO
ELLENISTICO DI CALLIMACO - La ricerca dell'elaborazione formale,
della raffinatezza, e della novità non poteva non tradursi in
innovazioni sul piano metrico.
L'esametro
callimacheo è regolato da leggi particolari che lo rendono più
regolare, armonioso, e disciplinato rispetto a quello omerico.
Ed
è interessante notare come mentre Callimaco ogni tanto si concede
qualche deroga a queste leggi, anche se in generale le rispetta,
Teocrito invece no: non sempre le rispetta, sebbene questa tendenza
non sia uniforme (negli idilli bucolici è più osservante, non così
nei mimi urbani).
Dell'esametro
omerico ricordiamo il ponte di Hermann: divieto di fine di parola
dopo il 1° elemento breve del 4° biceps bisillabico (4° trocheo).
In
Callimaco le leggi diventano più numerose:
- Legge di Hilberg - vieta fine di parola dopo il secondo biceps monosillabico, cioè dopo il secondo metron trattato come spondeo. Violata in Teocrito, XV vss. 2 e 8.
- Legge di Naeke (o ponte bucolico) - vieta fine di parola dopo il quarto biceps monosillabico, cioè dopo il quarto metron spondaico.
- Prima legge di Meyer - una parola che comincia nel primo metron non può terminare con la prima breve del secondo metron (metron dattilico).
- Legge di Giseke-Meyer - variante della precedente, vieta che una parola che comincia nel primo metron finisca con la seconda breve del secondo metron, cioè dopo il secondo metron dattilico.
- Seconda legge di Meyer - vieta la collocazione di una parola giambica ( U _ ) davanti alla cesura pentemimere.
- Legge di Tiedke-Meyer - vieta di porre fine di parola contemporaneamente dopo il quarto e il quinto longum. Qui, come nella seconda legge di Meyer, l'esigenza è quella di evitare nell'esametro l'introduzione di ritmi estranei (giambico nel primo caso, anapestico, contrario del dattilo, nel secondo).
- Legge del monosillabo finale - è ammesso monosillabo finale solo dopo dieresi bucolica. La dieresi bucolica è ammessa in Callimaco solo a condizione che il quarto metron sia bisillabico. La legge è violata in Teocrito, XV, 36.
L'accusa
dei Telchini
(vv.
1-6) -
I Telchini, cioè gli avversari del poeta, ignari della Musa e da lei
aborriti fin dalla nascita, rimproverano Callimaco perché non ha
scritto un lungo poema unitario e continuo che trattasse di re o
eroi, ma si è bamboleggiato con poesie di breve respiro, nonostante
la sua età avanzata. Queste critiche sono probabilmente rivolte agli
Aitia
stessi, se davvero Callimaco premise quest'elegia all'edizione
definitiva dell'opera. Il biasimo dei Telchini ha motivazioni
palesemente letterarie: Callimaco è venuto meno ai dettami della
Poetica
di
Aristotele, secondo i quali "l'unità, la continuità, la
compiutezza, e l'estensione erano gli elementi fondamentali nella
struttura di qualsiasi opera artistica". I Telchini menzionati
dagli
Scholia
Florentina
sono
due ignoti Dionisii (Lehnus propone di riconoscere in uno Dionisio
Scitobrachione, nell'altro Dionisio di Samo detto il Ciclografo, che
Jacoby colloca all'inizio dell'età ellenistica), gli epigrammisti
Asclepiade di Samo e Posidippo di Pella (IV-III sec.), un retore e un
altro personaggio dei cui nomi sono leggibili rispettivamente la fine
e l'inizio, cioè -irippo (Pirippo) e Ana-, quest'ultimo corredato
forse di un epiteto terminante in -bo (sul tipo di Lembo), e il
filosofo peripatetico Prassifane di Mitilene (IV-III sec.). Bisogna
considerare la possibilità che i personaggi menzionati negli
Scholia
non
fossero antagonisti di Callimaco in un'effettiva polemica letteraria,
ma che invece l'antica erudizione avesse montato, in relazione a
questi versi, una contesa fra Callimaco e quei dotti sulla base di
notizie desunte dai loro scritti. Nel caso di Asclepiade e Posidippo,
ci si poteva rifare ai loro epigrammi di lode per la
Lide
di
Antimaco criticata da Callimaco, nonché alla parodia del secondo
verso dei
Lavacri
di Pallade
callimachei
compiuta da Asclepiade o Posidippo. Nel caso di Prassifane, ci si
poteva appellare all'opera callimachea
Pros
Praxifànen.
Senza dubbio il prologo degli Aitia
presuppone e sviluppa un'accesa polemica letteraria, come anche il
primo e il tredicesimo giambo di Callimaco: non a caso Timone di
Fliunte paragona i filologi del Museo di Alessandria a dei litigiosi
animali chiusi in un serraglio. Ma non è consigliabile dare,
fondandosi sugli
Scholia
Florentina,
un'identità precisa agli avversari di Callimaco. Se è certamente
possibile che il poeta si scagliasse proprio contro le persone
enumerate dallo scoliasta, o contro alcune di esse, non si devono
escludere tutte le altre soluzioni: Callimaco poteva prendere di mira
un ambito più ampio di avversari, o criticare personaggi diversi, o
infine non avere dei bersagli polemici determinati, ma reagire a un
generico clima di scontento che sentiva svilupparsi intorno alla sua
poetica. Il fatto che Apollonio Rodio non venga menzionato dagli
Scholia
Florentina
non
dimostra di per sé l'inesistenza della celebre contesa fra i due
poeti.
La
risposta di Callimaco (vv. 7-12) -
a) 7-12: L'esempio di Filita e Mimnermo dà ragione a Callimaco.
Aitia, I - fr. I
Aitia, III - frr. 67-75
Aitia, IV - fr. 110
Inno II - Ad Apollo
Inno V - Per i lavacri di Pallade
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